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Esperienze

Le testimonianze dei volontari

Ciao a tutti! Sono Federica, ho 23 anni e frequento il terzo anno di Scienze dell’Educazione a Portogruaro

 

Tirocinio al Doposcuola a La Viarte – un’esperienza inaspettata

“E’ davvero speciale dopo tanti anni sentire ancora te, Gipì, e tanti altri ragazzi conosciuti ai campiscuola!

Porterò per sempre con me parole e sguardi di quei giorni così ricchi di emozioni in quel posto così speciale che è Pierabech!”

Campi estivi 2018 a Pierabech

“Meravigliose parole Gipì che rappresentano ciò che si trova in quel mini paradiso come l’hai definito tu. E grazie a persone come te i bambini hanno la possibilità di conoscere e conoscersi, scoprire la meraviglia che è in loro e in ciò che li circonda, imparando il rispetto per gli altri e per sé stessi!

Grazie”

Campi estivi 2018 a Pierabech

Pierabech non è solo bellezza di monti, di sole, di luce, di acque, ma soprattutto bellezza di persone! E’ qui che puoi scoprire la tenerezza interiore del bambino meraviglioso ad immagine del Bambino Divino, e lo puoi fare attraverso l’incontro con tanti bambini nuovi o altri già conosciuti, che incontrerai nel piccolo mondo d Pierabech, mini Paradiso e terra di santi, luce e bellezza. Qui potrai conoscere gli animatori, ragazzi giovani che decidono di spendere un pò della loro estate al servizio dei più piccoli. Così, nella semplicità dell’incontro e nella misura in cui saprai donare la tua tenerezza, scoprirai la bellezza che è in te e in tanti amici speciali.

E così sia. Passa parola. T.G.A. Gipì

 

 

 

Gipì: campi estivi di Pierabech 2018

L’associazione Viarte di Santa Maria la Longa (Udine) propone dei campi scuola a Pierabech vicino Forni Avoltri da Giugno a Settembre.

Ogni camposcuola dura una settimana, durante la quale alcuni ragazzi vivono un’esperienza educativa seguendo lo stile salesiano e di Don Bosco.

Ad animare i campiscuola sono un gruppo di animatori della Viarte che durante l’anno si incontrano una volta al mese con lo scopo di crescere spiritualmente e preparare i campiscuola.

Gli animatori che vanno a Pierabech si offrono volontariamente spendendo una parte del loro tempo per avvicinare i ragazzi alla preghiera. Anche se i sacrifici sono tanti, il sorriso dei bambini ricompensa nettamente tutte le fatiche fatte.

L’esperienza dei campi scuola è molto ricca di bei momenti di riflessione e di gioco e la consigliamo vivamente ai giovani.

Patrick Gon e Samanta Campagna

 

Camposcuola a Pierabech – Estate 2015

L’estate scorsa ho avuto il piacere di fare un’esperienza a Pierabech come cuoca. Ci vorrebbero pagine e pagine per descrivere nella sua interezza, ricchezza e bellezza una settimana così, ma mi preme sottolineare un aspetto in particolare: l’incontro.

La conoscenza di nuove persone è una grande opportunità di crescita, confronto, scoperta e accade sempre quando abbiamo il coraggio di aprirci agli altri.

Tra i fornelli ho incontrato due signore speciali… la dedizione totale al loro ruolo, oltre che le notevoli doti culinarie e organizzative, sono solo parte della mia scoperta. Ho conosciuto due persone accoglienti, gentili e solari oltre che sapienti insegnanti di burraco.

Sentirle dire che queste esperienze di volontariato “danno la carica” è bellissimo e riassume la “potenza dell’amore che ti avvolge” quanto si vive in una settimana a Pierabech.

Con loro mi sento di ringraziare chi, come loro, dona ogni anno per una settimana il suo tempo, ricevendo in cambio, in termini personali, molto di più …. ed allora: “Grazie Pierabech”!

 

Estate 2017

L’esperienza in cucina a Pierabech

Prima di tutto ringrazio mio marito senza il cui incoraggiamento e partecipazione questo viaggio non avrebbe potuto essere. Poi ringrazio Melina che ha detto “si” ed Anna…anche lei ha detto “si, vengo con te”.

Con queste belle premesse e un po’ di ansia (quella delle cose importanti) noi due siamo partite il 2 aprile per il mio terzo viaggio in India, il secondo a Pasqua, dopo quello dell’anno scorso, ospiti delle Suore della Provvidenza di Don Luigi Scrosoppi, nella loro casa, Providence Home di Barasat, municipalità poco distante da Calcutta, fino all’8 aprile..di più non si poteva. Se si scrive Calcutta non serve aggiungere altre parole, detto tutto, è una delle città più povere di tutto il mondo. Si, lo è.  L’ho vista bene la prima volta che ci sono andata, quel primo speciale viaggio, ed anche la seconda……nulla era cambiato.

Sapevamo che l’accoglienza al nostro arrivo sarebbe stata festosa, carica di emozioni, quelle particolari, indimenticabili, ricche di umanità, di sentimenti, di legami che nel tempo si sono creati: come racchiuderle tutte insieme in solo abbraccio le quarantacinque bambine che vivono in questa casa? Con il cuore, dentro una lacrimuccia veloce. Osservo subito che sono cresciute, le più piccole travolgono con i loro sorrisi, le loro voci argentine di allegria, quelle più grandi, adesso quindicenni, stanno un po’ in disparte, sono signorine, si avvicinano più timidamente, aspettano un gesto di attenzione, di confidenza, di amicizia. Le guardavo provando quel trasporto che dovrebbe sempre contraddistinguere gli incontri degli esseri umani e sperando, in quei pochi giorni che avevamo a disposizione, di riuscire ad avvicinarle e sentirmi unita a loro che non sono anonime, ognuna ha, adesso ancora di più, un modo di fare, di sorridere, di comportarsi…ognuna è unicamente una persona.

Ho ritrovato le suore che abitano li, che si occupano di loro: sr. Annis, sr. Dina, sr. Maria Goretti. Mancava un’amica, sr. Lucy, ma ci siamo salutate al telefono, per gli auguri di Pasqua, per il “benvenute”.

Sabato sera, la vigilia di Pasqua, tutte insieme, tenendoci per mano, dopo cena, ci siamo recate a piedi in Parrocchia, per la celebrazione della messa, il rito della luce, il più lungo di tutti…4 ore. Notavo l’accuratezza con cui si erano vestite e pettinate, ho capito che hanno bisogno di stare in comunità, di vivere anche all’aperto, di avvicinare le persone, i loro coetanei… le suore sono molto protettive con loro, come i genitori del resto! La comunità cristiana di Barasat, potevamo essere duecento persone, non di meno, ha dato esempio di accoglienza anche a noi…ci hanno avvicinate spontaneamente, in Chiesa, per farci gli auguri, anche gli uomini che stanno separati dalle donne in Chiesa, ognuno per parte.

La domenica proprio non ce la siamo sentite di tornare a messa (altre tre ore di preghiere in bengoli?! Nooo…) così assieme alla cuoca ed alcune bambine (mentre tutte le altre erano a messa con le suore) abbiamo gironzolato all’aperto, nell’orto e nel pollaio: nella casa infatti c’è un bell’appezzamento di terra coltivata a patate, carote, melanzane, pomodori ed altre verdure tipiche indiane, manitoba credo, a seconda della stagione e poi vengono allevate due mucche (il latte per la colazione è il loro), alcune galline ,circondate dai pulcini appena nati e c’è anche un cane, cucciolo, Karuna, femmina anche il cane! Gli alberi di mango sono altissimi e carichi di frutti ancora acerbi, saranno pronti a maggio assicurano le bambine, loro lo sanno e sono orgogliose di insegnarcelo!! Quando sono tornate dalla messa, come in una bella famiglia, abbiamo pranzato tutte insieme, nel refettorio vicino alla cucina. Accanto al quotidiano piatto di “riso e dal” (riso con sugo di verdure) erano state appoggiate due tavolette di cioccolato, un tocco di festa! Dopo pranzo è stata organizzata una tombola (regalo di Pasqua dell’anno scorso, perfettamente conservato da Shilpa, la più grande delle bambine, 15 anni) che ci ha fatto stare in compagnia fino sera, dentro casa, perché è arrivato un improvviso temporale.

Alle 21.30 tutte a dormire, ci si alza presto nella casa di Barasat ed il lunedì è tempo di scuola.

I giorni successivi, a parte il martedì, di cui scrivo dopo, sono trascorsi tutti con loro, nel loro consueto, quotidiano modo di vivere: c’è il tempo per la preghiera, i pasti, la pulizia della casa, dentro e fuori, mattutina e pomeridiana, la cura dell’orto, l’aiuto a Purnima, la cuoca, giovane, solare, sorridente, che ha l’aspetto di una vera cuoca (tipo “mamy” di Via col Vento) e..naturalmente la scuola e i compiti.

Che difficile studiare, interrompere i momenti di gioco e più spensierati che anche la nostra presenza porta. Ma era una settimana di esami, di verifiche scritte: english, history, geography, mats, bengoli. Che difficile proprio studiare…lo spazio per farlo sono due aule, una per le piccole ed una per le grandi, con tanto di banchi e lavagna, gessi e cancellino ma le fonti di distrazione sono innumerevoli. Infatti alcune grandi per concentrarsi, leggere, ripetere, salgono in terrazza, il tetto della casa e si siedono per terra, nelle zone d’ombra, sotto i fili della biancheria e ripetono, in una bella cantilena bengoli quello che stanno studiando, leggendo. E’ instancabile anche la cantilena delle suore, cui si aggiungeva con partecipazione e sincera apprensione anche la nostra “Have you study? Are yuo ready for exame? OOhhh…study! It’s more, more important for you, for your life!!!”. Ma si, rimangono queste parole nelle loro menti… quando incontrano la miseria delle loro madri, delle tante persone che incontrano lungo le strade di Barasat, se ne rendono conto e soffrono…per le loro madri, lo hanno detto le più grandi, hanno anche questa preoccupazione, oltre che la nostalgia, la malinconia, la sofferenza per i loro affetti lontani, fratelli, sorelle….mio Dio, poter donare un pochino di tutto il bene che abbiamo noi, qui, ricchi di ogni cosa!!!!

La casa è frequentata quasi giornalmente dai parroci della vicina Parrocchia: uno di loro spicca per umanità, benevolenza, bontà d’animo, ironia, simpatia, parla anche l’italiano e l’Italia la conosce..è father Anthony, chi lo ha conosciuto non può non desiderare di incontrarlo ancora, di ascoltarlo, di vederlo rivolgersi contemporaneamente con serietà ed allegria alle bambine. Dà sollievo veramente sapere che lui c’è, lì con loro, da anni. L’ho incontrato anche stavolta perché è venuto mercoledì a benedire la casa, il cortile, il pollaio, l’orto…noi tutti, sorridendo!

Il giorno precedente, il penultimo della nostra breve visita, alle 7.30 siamo partite in taxi (mezzo obbligato stavolta…) insieme a sr. Dina e tre bambine piccole per Thakurnagar, un’ora e mezza di strada da Barasat verso nord, per raggiungere un’altra missione delle Suore della Provvidenza. Abbiamo incontrato così sr. Annalisa, sr Brigida, sr. Cornelia, Sr. Lucy ed un’altra ancora il cui nome mi sfugge… Loro ospitano, nel “boarding” una trentina di bambine che frequentano l’adiacente “Don Bosco English Medium School” di proprietà della Parrocchia. Alcune suore vi lavorano come insegnanti, una di loro, martedì, raccoglieva le iscrizioni per l’anno scolastico che iniziava…mercoledì. “Boarding” è una costruzione separata dal convento delle suore ma sempre all’interno del cortile della missione dove le bambine vivono: ci arrivano accompagnate da genitori o parenti, per dormire, mangiare, studiare: a casa non potrebbero farlo, la scuola è troppo distante dall’abitazione o non ci sono i mezzi sufficienti per crescerle, per accudirle. Insieme a sr. Annalisa, la cui attività pastorale nella comunità di Thakurnagar è instancabile ed appassionata, abbiamo poi visitato alcune famiglie che si rivolgono alle suore per un aiuto, di ogni genere. Per esempio quello formulato dalla famiglia di Roma, la mamma, ed Asha, la figlia di quindici anni, che da sole abitano in una casetta di due stanze, cucina e camera: Roma ha chiesto aiuto alle suore per la costruzione di un bagno dove potersi lavare e tutto il resto, per non farlo all’aperto, vicino alla foresta. Così alcuni di noi l’anno scorso, tramite sr. Annis, hanno raccolto questa necessità e si sono adoperati per aiutarle economicamente nella costruzione del bagno, completato da poco, indispensabile, che ha portato sollievo, serenità ed una infinita gratitudine. Poi nel pomeriggio abbiamo visitato la casa di una famiglia: il papà è molto ammalato, non ha nemmeno cinquant’anni ed è magrissimo, la madre alleva nel “cortile” qualche capra, un pò di conigli e galline che forniscono gli alimenti per loro e rappresentano l’unica fonte di guadagno per la famiglia che comprende due sorelline ed un fratellino. La loro abitazione è una baracca di legno e lamiera, con il pavimento in terra battuta, costruita lungo quella striscia di terreno, lunga, infinita, sempre uguale, a fianco della ferrovia, ove si “accampano” migliaia di persone povere di ogni cosa, anche della corrente elettrica. Anche qui, sr. Annalisa ha chiesto…una lampada a batteria. Adesso le sorelline possono studiare anche la sera.

Salutarsi è sempre difficile, dispiace, il tempo è stato pochissimo ma questa volta è andata così…la prossima, se Dio vuole, torneremo più a lungo e questa amicizia importante (per me lo è) si continuerà ad alimentare, non solo con le preghiere ed i pensieri ma anche con la presenza che crea il legame,l’ affetto sincero che fa bene anche a noi, che forse ci guardiamo più con sospetto e diffidenza che con umanità. Ma a parte questo pensiero, personale, concludo con un “grazie” alle suore, per la loro presenza, il loro cuore, la loro vocazione, non ci è mancato nulla, come sempre.

20 aprile 2015, Gloria.

L’esperienza di Gloria con le bambine di Barasat – Aprile 2015

Ciao Gipi,

non so quando avrai modo di leggere questa mail ma non importa.

Io e Livio volevamo dirti che l’esperienza che Emma ha fatto a Pierabech le ha DONATO UN VALORE AGGIUNTO che è
LA TRANQUILLITA’ LA BONTA’ L’ASCOLTO LA PAZIENZA LA FIDUCIA L’AMORE LA DISPONIBILITA’ LA SEMPLICITA’ L’AMICIZIA e
soprattutto LA PREGHIERA che solo PIERABECH poteva darle.

Grazie Grazie e ancora GRAZIE.

Guarda Gipi, ho avuto modo di osservarla dal suo rientro e mi è sembrata davvero diversa, arricchita di uno spirito nuovo.
Uno spirito che spero non solo la nostra famiglia abbia avuto modo di verificare e di ammirare.
Uno spirito che anche a noi genitori fa del bene e che ci fa uscire dalla quotidianità.

Di Pierabech se ne parla in continuazione e a ora di cena mi dice…………ADESSO I MIEI AMICI LASSU’ STARANNO GIOCANDO, MANGIANDO, CANTANDO.
CHE BELLO, MAMMA.

Ecco per questo ringraziamo voi per l’entusiasmo che ci avete messo e la grande fatica per organizzare e gestire tutto.
Grazie a Fabio che è stato un compagno di avventura straordinario e con una potenza travolgente e un SORRISO AMICHEVOLE E BUONO.

Grazie a tutti e con questo non voglio escludere nessuno perchè anche con il contributo del più piccolo si è permessa un’avventura
straordinaria.

EVVIVA PIERABECH EVVIVA GIPI EVVIVA DON BOSCO EVVIVA LA GIOIA DEI BIMBI EVVIVA TUTTI.

Buona estate grande amico.

Ti e vi vogliamo bene.

Un abbraccio di cuore e spero tu lo possa sentire per mezzo delle nostre parole.

Un bacio da Emma.

Cecilia, Livio, Emma e Vittoria

estate, 2014

Lettera di una mamma – EVVIVA PIERABECH

IL MIO GRAZIE

 

E’ un pomeriggio in cui il mondo mi sta pesando addosso. Anzi, è tutto un periodo che le cose stanno così: male, nulla gira come dovrebbe; non mi sento in pace. Scrivo a Vincenzo: “Vince hai un minuto? Posso venire da te?”.

“Sì”. Prendo il motorino, parcheggio. Faccio il viale che mi porta alla Viarte, passo sul marciapiede che porta al cancello d’entrata. Apro la porta, salgo le scale, vado da Vince.

Frammento di un pomeriggio, in cui, tante volte è accaduto, ho avuto bisogno di scambiare una parola con una persona che mi volesse bene: questo è stato quello che i salesiani della Viarte mi hanno donato per questi 6 anni in cui il buon Dio ha voluto che mi incontrassero.

Voglio scrivere perchè, andando avanti, mi sto accorgendo sempre più di quanto il Signore mi abbia voluto bene, mi abbia “preso per i capelli”, mi abbia salvato donandomi grazie su grazie.

Ecco: ero un ragazzo come gli altri, con tanti pensieri per la testa, ma trascinato qua e là dalle mode del momento, da cosa proponevano i miei amici, da cosa mi divertiva; ma sentivo che, alla fine, non ero contento di chi ero e cosa facevo.

Ero in 2a superiore quando dovevo iniziare a frequentare il catechismo per la Cresima, e la Provvidenza ha voluto che andassi a S. Maria la Longa, con il Gruppo del Lunedì: faccio un anno svogliato, poi ancora un altro, con un po’ più di spirito, ora incuriosito più che del Gesù di cui si parlava, dal fatto che lì si discuteva di cose importanti, alte, belle per la vita, che fuori non sentivo. E’ stata una grazia.
Ricordo come ora quello che è successo una sera finito l’incontro. I miei amici avevano già preso il motorino per tornare verso casa; io avevo il casco in mano, quando Vincenzo mi viene vicino e mi chiede come sto. Ecco, lì, quella sera, ho fatto l’esperienza “puntuale” in cui ho sentito l’amore con cui una persona si stava interessando a me. Abbiamo parlato di tante cose: ma ripeto, quello che non posso dimenticare è stato aver fatto una piccola, ma vera, esperienza di incontro con Gesù. Ricordo ancora di cosa abbiamo parlato.

E questa storia poi continua: non resto solo. Senza che potessi pensarci, una sera mi viene fatta la proposta di fermarmi con i ragazzi che avrebbero fatto gli animatori durante l’Estate Ragazzi: una seconda volta, il Signore bussa alla mia porta e mi vuole bene. Ringrazio Dio dell’insistenza di chi quella sera ha voluto che io veramente facessi quella esperienza: senza quella persona, ora non sarei qui.
“Io,  fare l’animatore? Figuriamoci!”. Non era mai stato fra i miei desideri. E’ stato qualcosa che mi è arrivato, come un dono; ho detto sì, e la storia è continuata.
Arriva l’estate, faccio i corsi Animatori, e poi il Live durante i successivi quattro anni: anche lì, ancora lì, rincontro il Signore. Ricordo ancora quello che mi portavo a casa dall’esperienza: “pieno di amore”, questo era quello che avevo visto in quei giorni. Io che non conoscevo praticamente nessuno, sono stato accolto. I ragazzi che poi faranno gli animatori con me mi hanno dato un amore che, se ci penso, è stato anche questo donatomi in anticipo: sono in debito, ancora. Cosa ho fatto, io? L’interesse di questi miei compagni verso di me è stato presente allora, e continua ancora adesso che siamo più grandi, che abbiamo condiviso gioie e sofferenze della vita.

Ancora, il Signore continua a starmi affianco: in questi ultimi anni sto mettendomi di più sulla sua strada. Mi prendo un periodo per capire se il Signore mi chiama a stare tutta la vita con lui, a seguirlo più da vicino; se vuole che tutto quanto ho ricevuto fino ora, tutto quanto mi ha fatto innamorare fino ad adesso, io debba donarlo agli altri.

Dicono che una risposta a questa domanda, una risposta certa, non la si abbia mai: ma quello di cui però sono sicuro è che i passi che sto facendo ora non ci sarebbero stati senza tutto quello che prima il Signore mi ha donato, senza le persone che prima sono venute verso di me. E quanto ho scritto è un tentativo, insignificante, di dire grazie. Insignificante perché  se penso ai doni che ho ricevuto dal Signore, questa lettera non sarebbe più che una bozza. Spero però che ad ognuno di voi che in questi anni mi è stato vicino, alla Viarte e i suoi salesiani, ai miei amici più intimi, ai compagni del Live e poi del CRA, ad ognuno che mi ha donato il suo affetto e ha perso del tempo e dell’amore per me, il Signore possa ridonargli ora e nelle vita eterna cento volte tanto di quanto loro hanno fatto per me. Possa Dio colmarvi di ogni benedizione ed essere sempre presente nella vostra vita quanto lo è stato per me grazie ad ognuno di voi.

Ancora, grazie.

Marco

Pierabech – 2014

Una scoperta continua di inaspettate amicizie, una nuova luce che pian piano illumina i nostri passi, brevi momenti di crisi e di rinascita.. Sento che un Campo LIVE possa essere la corretta definizione di tutte queste cose. Cose che trovano corpo in un posto ben preciso, Pierabech, e sono incarnate dall’unicità di un centinaio di educatori alle prime armi, tutti accomunanti dal fascino di una Promessa e da una impegnativa Scelta. Anche quest’estate, tappa fondamentale dell’esperienza Live (quel grande cammino di amici -riuniti da un amico più grande, Gesù,- da cui provengono animatori delle estate ragazzi e dei campi a Pierabech) ha vissuto una settimana veramente speciale proprio a Pierabech. Sono stati sette giorni davvero intensi.. Vivi, veri e vissuti pienamente.

Ogni estate il campo-live è tappa fondamentale del cammino dell’esperienza: l’ho sempre vissuto come l’occasione per tirare le fila di un anno di percorso insieme, e soprattutto concreto impegno di incarnare lo stile che ci è trasmesso, in un clima che è speciale, non per merito nostro, ma per l’apertura che, in misure e tempi diversi, concediamo ad un messaggio Nuovo, che in questi giorni abbiamo potuto scrutare più a fondo.

 

Ci è stato proposto, come spunto formativo, uno tra i tanti sogni di don Bosco: il sogno dei dieci diamanti, particolarmente significativo e per la storia della congregazione salesiana, e perché con chiarezza ci indica i pilastri della nostra vita di fede… Fede, Speranza, Carità su tutto. Abbiamo provato a scoprire la bellezza della vita cristiana, che, specie in questi giorni, dona una felicità che supera i tanti dubbi. Non si tratta di complessi discorsi campati in aria, ma di atteggiamenti. In ogni momento posso essere Speranza per chi mi è accanto, posso donare nella fatica di una camminata in montagna un sorriso, una parola.. nella semplicità del nostro stare insieme.. Questo vogliamo sia un campo Live.

E alternando nelle nostre giornate preghiera, gioco, riflessione e condivisione di momenti, ci è stata data la possibilità di andare in pellegrinaggio a Maria Luggau: faticare fisicamente non in vista di un bel paesaggio, ma in vista di Altro. La tentazione di non comprendere un pellegrinaggio è forte, ma penso che occasioni così, bene o male seminino nel nostro cuore qualcosa che un dì germoglierà.

 

L’aspetto dell’esperienza su cui abbiamo lavorato maggiormente in questo campo è l’identità del Live. In che stile si identifica? In quale direzione, qual è l’impegno di cui singolarmente ci carica l’appartenere al Live, l’ identificarsi nel suo stile?

Identificarsi penso sia qualcosa di fondamentale: ci permette di vivere insieme i nostri cammini, innanzitutto di fede, guardando a Colui che ci ha affascinato in un modo o in un altro, e rinnovando nel nostro stare insieme e nel nostro provare a educare nell’animazione, la scelta di fidarci di Gesù. Identificarci è trovare nel gruppo l’esempio, la guida di cui abbiamo bisogno ed è essere allo stesso tempo testimoni per i più piccoli.. È vedere che la nostra vita si riempie se ogni cosa è fatta col cuore giusto.. A Pierabech si scherza, si gioca, si ride, si riflette, si prega, si sta insieme.. È l’occasione migliore per dire sì, nei vari momenti, al cammino del Live.

Ci è stato poi chiesto in piccoli gruppi di stilare sulla base di alcune linee guida la “Costituzione del Live”. È bello che ci sia un riferimento scritto e prodotto delle nostre esperienze a ricordarci, anche quando la fatica di donarsi a un’esperienza si fa forte, i punti vivi, le difficoltà, le cose belle.

 

Personalmente è stato il campo Live che più mi è restato impresso.. Forse perché mi ha colto in un momento parecchio difficile.. Ma Gesù si è fatto presente.. E si è fatto sentire, paradossalemente anche nel suo silenzio. È stata una settimana faticosa.. Soprattutto spiritualmente. Ho ricevuto diversi doni, per cui ringraziare, e ho capito aspetti della mia fede e del mio stare nel Live che non avevo preso sul serio: dobbiamo essere membra vive, che fanno sempre il primo passo.. Sentirci inviati in mezzo ai più piccoli.. È stata dura, ma è fondamentale.. Poiché nell’ascoltare e non nel pretendere di essere sempre ascoltati ho intuito che anche nel ‘buio’ dell’anima possiamo portare luce agli altri, anche se, la luce, non la percepiamo affatto dentro di noi. A distanza di tempo sento di dover ringraziare Gesù per le persone che, nel corso del campo, mi hanno donato qualcosa di vitale e Vero.. Live è anche questo.. Tenere in vita chi ti è vicino e ricordarti che Gesù, anche se ora ti sembra non ci sia, cerca di farti capire, tramite gli altri, che ti aspetta e ti è silenziosamente accanto.

 

N.T.

 

Articolo sul Campo Live 2013 a Pierabech – Italia

Un’ esperienza speciale: campo superiori 2012

Nuove amicizie, nuove conoscenze, nuove attività e tanto altro ancora, sono tutte cose che fanno parte di un’esperienza unica e speciale: IL CAMPO SUPERIORI.

E’ un campo un po’ diverso rispetto agli altri: non c’è un tema unico, non ci sono le squadre… E’ un’ esperienza nuova e affascinante!! E’ l’ inizio di un cammino verso qualcosa di nuovo e promettente.

Durante il campo estivo, siamo passati da un’attività all’altra: dal creare una diga sul fiume, a lavorare la creta, a incidere un bastone per la camminata: la magnifica gita al lago Pera, dove abbiamo portato anche un’imponente croce per celebrare la messa.

Eravamo in tanti, tantissimi, c’erano persone che si conoscevano, altre di cui invece non ci si ricordava nemmeno il nome, ma la settimana è servita anche a questo: socializzare e fare nuove amicizie scoprendo anche, grazie alle attività, pregi e difetti che si avevano in comune con le altre persone.

Abbiamo passato una settimana stupenda, piena di giochi e di allegria, momenti gioiosi, momenti di preghiera, momenti di confidenza che hanno lasciato traccia all’interno di ognuno di noi e di cui sarà difficile dimenticarsi.

Laura 

 

Laura – Campo Superiori a Pierabech – Italia

PIERABECH, PICCOLO FOCOLARE DOMESTICO.

Dopo tanti anni, quest’anno sono ritornata a Pierabech.

Quest’anno, dopo 7/8 anni di assenza per motivi di lavoro ho accettato di dare il mio contributo per   una settimana di lavoro come cuoca , in quel “albergo a cinque stelle “ quale è la casa vacanze salesiana della “Viarte” di S. Maria la Longa .

Lo staff operativo in cucina era così composto: Gabriella e suo marito Renato, mio marito Lorenzo ed io, tutti già esperti del posto.

Ognuno di noi si dava da fare in quello che meglio gli riusciva, comunque in tutti i modi. Renato e Lorenzo oltre al lavoro in cucina, avevano sempre qualche lavoro o riparazione da fare, in più erano sempre a disposizione di GiPi per assolvere qualsiasi suo bisogno o desiderio.

Gabriella ed io, sempre segregate ai fornelli in cucina , ma fra noi quattro si è subito stabilito un bel rapporto, così tutta la fatica è stata minore.

Certo, preparare colazione, pranzo, merenda e cena, per 65 persone non è facile, ti prendeva tante ore al giorno e anche tanta fatica , la giornata era lunga, dalle 6.30 del mattino alle 9.30 la sera, ma eravamo felici soprattutto quando dopo aver distribuito il pasto, i pentoloni ritornavano indietro vuoti; era una gioia, perché voleva dire che i ragazzi avevano apprezzato quello che era stato preparato.

Quella settimana trascorsa lì, dal 20 al 27 luglio, il tempo non è stato bello, come tutta la stagione del resto, pioveva spesso e c’erano degli sbalzi di temperatura enormi, tanto da far indisporre più di qualcuno fra ragazzi ed animatori.

Così ché venivano spesso in cucina a chiede di preparare un tè, una limonata o altro per l’ammalato di turno…

Allora gli indisposti avevano il privilegio di entrare in cucina a scaldarsi mentre prendevano la bevanda calda …, le nostre coccole e le nostre attenzioni, il più delle volte era una medicina molto efficace.

Un giorno ne avevamo addirittura quattro, sembrava un piccolo ospedale da campo.

La cucina di Pierabech, è sempre un posto ricercato da tutti i partecipanti ai campi scuola, perché varcare quella porta, vuol dire sentirsi un po’ in famiglia, e Pierabech è “Famiglia“, e per chi ci lavora dentro è un momento di scambio di notizie, di svago, a volte anche di disturbo, nei momenti di maggior lavoro, come succede in tutte le famiglie.

Le visite cominciavano alle 7.30 del mattino, quando tutti assonnati arrivavano gli animatori e i salesiani, e subito ti trovi la cucina invasa da 10/15 persone, a prendere il caffè, e tra uno sbadiglio ed una battuta danno inizio alla loro giornata di impegno verso i ragazzi, sono veramente bravi questi animatori nel rendersi disponibili verso questi ragazzini, di solo qualche anno in meno rispetto a loro.

Un visitatore abituale po , è il nostro forte, fortissimo GiPi . Lui entra fa il suo giro, si informa su cose c’è in pentola, qualche volta assaggia e fa il suo commento, viene a prendersi il caffè, viene a scaricare qualche pensiero, viene a chiedere di essere portato a Forni per le sue commission , anche lui si sente in famiglia . Così, trascorsa un settimana, ti accorgi che tutta la tua fatica e tutte le energie che hai speso per la buona riuscita del campo, non sono niente in confronto a tutto quello che tu hai ricevuto.

Il calore umano, il sorrisi dei ragazzi felici, mentre si vedono arrivare in tavola, la pizza o il pane fatto in casa, oppure un dolce, o ti fanno i complimenti per un piatto che a loro è piaciuto particolarmente, i loro saluti, perfino i loro brontolii, ti ricompensano nella misura maggiore di quanto tu stesso hai dato.

Chiederei, a tutti i genitori di non far mancare una esperienza come quella dei campi scuola, ai loro figli, perché è un momento di vita che aiuta a crescere un ragazzo, impara a condividere, ad accettare quello che gli sta accanto con i suoi pregi e difetti, impara a mettere da parte il suo egoismo ed a rendersi lui stesso attento e disponibile verso gli altri .

Così l’esperienza di Pierabech dovrebbe protrarsi tutto l’anno, sempre.

Questo è Pierabech: un piccolo FOCOLARE DOMESTICO, dove si costruiscono GRANDI COSE, nel nome di quel Padre che tanto ci ama…

Giannina

estate, 2014

Giannina – Volontaria a Pierabech – Italia

In molti mi hanno chiesto come mai ho deciso di andare in India a Pasqua.

È una domanda apparentemente semplice, ma alla quale non sono sicura di aver trovato una risposta.

Premetto che ho sempre avuto il desiderio di viaggiare e la mia curiosità si orientava soprattutto in direzione di luoghi lontani e “inconsueti”: volevo conoscere la vera realtà dei luoghi e delle persone, quella autentica, non troppo contaminata dalle influenze dell’occidente.

Qualche anno fa ho fatto un viaggio di conoscenza in Etiopia; è stato il mio primo vero viaggio ed è stata un’esperienza davvero forte e bella, che invece di soddisfare la mia curiosità l’ha alimentata. Negli anni successivi non ho avuto però l’opportunità di ripetere l’esperienza.

Solo negli ultimi mesi mi sono accorta che mi mancava qualcosa: mi stavo lasciando trascinare nella vita da quello che mi accadeva intorno, senza esserne pienamente cosciente e senza vivere in profondità. Sentivo di allontanarmi dalla strada sulla quale avrei voluto incamminarmi. È nato così il desiderio di fare un altro viaggio di conoscenza, approfittando delle vacanze di Pasqua.

Non so perché ho scelto proprio l’India come meta, forse è stato più uno scegliersi reciproco.

Nel mio immaginario l’India è la patria della spiritualità, dove la dimensione interiore ha ancora un’importanza centrale. Ed era proprio quello di cui avevo bisogno e cercavo: riprendere il contatto con la mia dimensione interiore che stavo soffocando. E così, con l’aiuto di sr. Irmarosa e poi di Gloria e Flavia, sono partita.

E quando sono partita non mi sarei mai aspettata di ricevere tanti pugni nello stomaco e allo stesso tempo tante dolci carezze.

Ho provato tanta compassione al punto da piangere lacrime quando, nel villaggio di Takur Nagar, sr. Annalisa ci ha portate da Roma, una donna che vive da sola con la figlia adolescente al limitare della giungla e che da molto tempo non ha più notizie del marito partito alla ricerca di un lavoro. Sr. Annalisa ha fatto in modo di avviare un progetto per raccogliere fondi per aiutare queste due donne. Quando siamo arrivate la madre ci ha stretto la mano e ha cominciato a piangere singhiozzando; ci ha poi spiegato che le sue erano lacrime di commozione per l’aiuto che riceveva grazie a questo progetto e sapeva che anche noi eravamo lì per aiutarla. È stato un momento carico di tenerezza che mi ha toccato il cuore e mi ha fatto scendere lacrime.

Un altro episodio che mi ha scossa nel profondo si è verificato in una missione a Calcutta: abbiamo visitato un centro dove viene fornito un servizio per i minori; c’è un centralino dove la gente può rivolgersi per denunciare situazioni di sfruttamento minorile, violenza, abbandono. Durante la nostra visita nella stanza accanto erano chiusi 3 bambini di circa 10 anni e ci hanno spiegato che si trovavano lì perché erano considerati pericolosi; all’inizio non capivo cosa intendessero per pericolosi e la risposta che mi è stata data è stata per me sconcertante: erano accusati di aver ucciso un uomo. Ho subito pensato ai bambini delle nostre scuole e non potevo credere che dei bambini che dovrebbero pensare a giocare e a divertirsi potessero compiere un atto tanto violento. Ho lasciato il centro con una tristezza profonda nell’anima e lacrime amare. Soffrivo nel profondo del cuore per quei bambini. Questo è stato il pugno più duro da digerire.

Ma per fortuna ho ricevuto anche moltissime dolci carezze. Innanzitutto da sister Annis, la suora che ci ha ospitato nella casa di Barasat assieme alle bambine: mi capitava di osservarla mentre, con il grembiule sopra il sari, preparava da mangiare; assorta nei suoi pensieri, sul suo viso madido di sudore traspariva la preoccupazione e la stanchezza, ma appena si accorgeva di essere osservata nascondeva tutto dietro ad un amorevole sorriso. È stato un esempio di amore autentico.

Poi c’erano le bambine della Home Providence. Riuscivano a distogliermi da qualsiasi pensiero e a farmi ridere di cuore con la loro ingenua curiosità (mi hanno contato tutti i nei che ho sulle braccia!); sono state le mie parrucchiere per 10 giorni.

 

10 giorni in India mi hanno fatto provare tanta compassione e commozione, delle quali non mi credevo capace e che si sono sfogati in un pianto a dirotto in aeroporto a Calcutta quando ho salutato sister Annis e Rani che mi hanno accompagnata.

Per me l’India è un posto dove devo tornare, ma non per salvare bambini come ha detto un mio alunno, ma per salvare me.

Anna

Pasqua, 2014

Anna – Barasat – India

2 Aprile-29 Maggio 2007: SOGGIORNO IN MADAGASCAR

Le motivazioni che possono indurre una persona a scegliere di trascorrere una piccola parte della propria vita in un posto così lontano da casa sua, dove stili comportamentali e mentalità sono di gran lunga diversi dai propri, possono essere tante e le più svariate. Io posso dire di essere stata spinta dalla curiosità di fare un’ esperienza insolita, dal desiderio di vivere con pieno coinvolgimento emotivo la vita di gente che ha avuto la sfortuna di nascere in un mondo non sviluppato come il nostro, magari di poter essere utile a loro in qualche modo; dal reale bisogno di staccare la spina da un mondo come il nostro, che, se pur sviluppato, risulta molto stressante!

Due mesi sono lunghi, ma io me ne sono resa conto solamente quando laggiù ho iniziato ad incontrare le prime difficoltà.

Credevo di essere la sola a regalare qualcosa a loro, portandomi dietro una valigia intera piena di soli vestitini e giocattolini per bambini…Bè, ho ricevuto molto di più: un vissuto e dei ricordi che la mia memoria non potrà mai cancellare.

Penso che raccontare alcuni singoli episodi possa essere utile per far comprendere il mio graduale cambiamento, osservando alcune mie reazioni, all’ arrivo e dopo circa un mesetto di permanenza, nei confronti di certe cose.

03/04/07

Temporanea tappa ad Antananarivo, dove è atterrato l’ aereo che ha percorso due emisferi. Oh, bene. Sono arrivata. Che strano. Non mi rendo ancora conto di ciò che sto facendo: per me, domani sono a Udine!!

Premetto che i malgasci istruiti comunicano in francese con tutti quelli che non sono del posto. Ovviamente l’ intera popolazione parla in malgascio (alquanto arduo da imparare, ci ho provato!). Io non ho mai studiato il francese a scuola. Ho preso in mano un libro, per farlo, circa quattro mesi fa.

Mi avvio verso la dogana aeroportuale, dove il doganiere mi chiede (in francese) se ho il passaporto…cioè..credo mi abbia chiesto questo…cos’ altro avrebbe potuto chiedermi, altrimenti? Glielo mostro e il suo viso si illumina. Mi dice (stavolta in italiano) :”Oh! Italiana? Vai vai…”..non ho avuto nemmeno bisogno di dichiarare niente, e per fortuna! In che francese gliel’ avrei fatta la dichiarazione? Incredula, oltrepasso la dogana: SONO IN MADAGASCAR! Vado verso l’ uscita: mi sta aspettando un’ amica di Candide. Candide è la dottoressa presso la quale vivrò per tutto il mio soggiorno qui. Però non ho foto di quest’ amica, in poche parole non la conosco e lei non conosce me. Io non sono l’ unica bianca uscita dall’ aereo, lei non è l’ unica nera che abita in Madagascar! C’ è una folla mai vista qui nell’ atrio dell’ aeroporto, sembra di essere ad un concerto, e tanti sostengono cartelloni con scritto “TAXI”, “ALBERGO PINCO”, “ALBERGO PALLINO”…nessun cartello con la scritta “AMICA DI CANDIDE”…Forse mi aspetta fuori, ed esco. Che brutta idea uscire! Vengo accerchiata da una marea di uomini, che col buio non riesco nemmeno a vedere bene in faccia. Sono tutti così scuri! Tutti contemporaneamente mi parlano in francese, in malgascio, e mi si addossano sempre più…Io, devo dir la verità, ho un attimo di panico, col mio marsupio attorno alla vita (dentro i soldi, tanti!), zaino in spalla e due valigioni pesantissimi per terra, che trascino con molta fatica. Rispondo :”Sentite, sono appena arrivata, devo ancora imparare a parlare il francese. Non vi capisco!”. Se mi hanno capito, bene, se no, pazienza! Decido di rientrare in aeroporto (almeno là c’ è luce e c’ è gente, mi sento più al sicuro), tra mille che mi spingono e fanno a gara tra loro per chi sarà quel fortunato che mi aiuterà a portare le valigie, sperando in una ricompensa. Continuo a guardare tra la folla, per scovare quest’ amica, che, in questo momento critico, è diventata già anche amica mia! Un attimo, un sesto senso, lei guarda me (mi avrà notata per lo sguardo supplichevole) ed io guardo lei, ci identifichiamo ed io le butto le braccia al collo e mi stringo a lei, come se avessi paura di vederla svanire da un momento all’ altro…

04/04/07

Cos’ avevo detto io? Che non avrei pianto. E invece eccomi qui, dopo solo un giorno. Mi avevano avvertito che mi sarei sentita un po’ sola, ma io non volevo crederci.

Probabilmente sarà perché non ho passato affatto bene la mia prima notte qui. Io dormo in una dependance, nel giardino di questa casa, quindi sono sola. Ogni parete di questa casetta ha dei fori rettangolari (grandi abbastanza perché si infilino dentro animali di piccola taglia), fatti apposta per aerare il locale, credo…Avvertivo diversi rumori provenienti dall’ esterno, versi di animali mai sentiti prima, fruscio di foglie, tanto tanto vento. Ieri sera si diceva che si sarebbe abbattuto un uragano…Oh mio Dio, è già finita la mia esperienza? Così tragicamente? Invece alla fine è stata solo una semplice tempesta. Poi sentivo qualcosa che correva sul pavimento, e poi il ronzio delle zanzare…Aiuto! La malaria è dietro la porta! Insomma, una notte da incubo. Non saranno mica tutte così, le notti qui? Io non oso nemmeno uscire dalla mia zanzariera, ben posizionata intorno al mio letto, quasi mi sentissi protetta da tutto ciò che c’ è al di là di essa.

A parte la notte, oggi era giorno di festa a casa di Candide: il compleanno di Cindy, una dei suoi quattro figli. In questa famiglia vige la regola di festeggiare i compleanni, con tanto di regalo e torta, ogni cinque anni, per esigenze economiche. Cindy ha compiuto dieci anni. Io le ho regalato semplicemente la collanina che avevo al collo (non so ancora muovermi qui per andare a fare shopping) e Cindy era al settimo cielo. Che tenerezza mi ha fatto…

05/04/07

Oggi giornata alquanto negativa. Sono qui da tre giorni e già non vedo l’ ora di tornare a casa mia!

E’ stato il primo giorno al dispensario, la “ Clinica Bardelli”, dove lavorerò con Candide e la sua equipe. Io sono un’ ostetrica e attendo con impazienza di vedere qual è il metodo di assistenza ad un travaglio e un parto che hanno qui. Ecco: per evitare sprechi, utilizzano un solo guanto per paziente. Dopo la visita interna, questo viene sciacquato sotto il rubinetto e riposto in una bustina di plastica, poi appoggiata sul ripiano vicino al lavandino. La bustina di plastica serve a poterlo poi rincalzare senza aver bisogno di toccarlo con mano nuda. Bravi, ammirevoli. Però sarebbe meglio se, dopo la visita, con quello stesso guanto sporco di sangue, secrezioni e liquido amniotico, non andassero ad aprire rubinetti, secchi e tutto ciò che viene di solito toccato senza guanti! Le mucosità del neonato alla nascita vengono aspirate con delle cannucce, che non sono altro che pezzi di set per flebo riadattati. E funzionano proprio come cannucce: succhi il muco dalla bocca del neonato, il muco finisce nella tua bocca e tu lo sputi! Ero esterrefatta. Io ho portato per ogni membro del gruppo di lavoro una cuffietta colorata, cucita da mia madre. Erano tutti molto contenti del regalo. Abbiamo fatto le foto, si guardavano allo specchio. Ma non avevano capito che lo scopo della cuffietta era proteggere i capelli da schizzi di materiale biologico, dunque una misura di prevenzione delle malattie che un operatore sanitario DEVE sempre adottare! Difatti, durante la sfilata degli operatori in “ cuffietta da passeggio”, si è verificata l’ urgenza di assistere alla nascita di un bimbo, e un gruppo di tre o quattro di loro, più me, è corso nella sala travaglio, ma solo io sono rimasta con la cuffia in testa, tutte la altre hanno piegato ben bene la propria e messa in tasca, per paura di sporcarla.

Oggi sono stata un po’ derisa anche per il fatto di voler usare gli occhiali protettivi durante l’ assistenza al parto e per voler portare i sandali sanitari avanti e indietro da casa a dispensario, per eventuali assistenze a donne, che di notte si recano a casa di Candide per partorire, dato che il dispensario non fa orario notturno. Candide mi ha detto che molto spesso rimane in pigiama e ciabatte quando lavora di notte, perché non ha senso cambiarsi, anche per non creare un certo distacco dal paziente. E no, e no! Io non condivido niente di tutto ciò. Loro non hanno paura di ammalarsi? Non sanno che si ha il dovere di proteggere, oltre che se stessi, anche la propria famiglia? Non lo sanno, non sono abbastanza sensibilizzati sull’ argomento oppure la loro mentalità diversa li porta a non dare importanza alla cosa?

Ora ho capito perché, nell’ ospedale dove lavoro, a Udine, tutte le donne africane, quando si preparano per la visita, buttano per terra le mutandine, si siedono ovunque senza esse, camminano scalze e poi, senza lavarsi i piedi, si infilano sotto le lenzuola pulite. Qui, quasi tutti camminano scalzi, e non intendo solo dentro casa. Anche Candide a volte è scalza, e stamattina, con i suoi piedi nudi, è salita sul mio letto per togliere la zanzariera. Sul letto dove io dormo col mio pigiamino pulito!!

Non ce la faccio, non sopporto tutto ciò. Non credo di potermi abituare! Ho avuto il magone tutto il giorno. In un momento di tranquillità al dispensario, sono uscita a fare due passi e ho pianto con singhiozzo: il pensiero di dover vivere così per due mesi, senza via di scampo. Io voglio tornare a casa mia, voglio le mie cose pulite, voglio lavorare serenamente senza avere il terrore di beccarmi qualche malattia!

Per concludere la brutta giornata, chiedo a Candide se suo marito mi ha comprato la scheda telefonica, come mi aveva promesso, poiché la mia qui è fuori uso. La risposta è stata che, forse, riuscirà a farlo domani. DOMANI?!! Sono lontana dalla mia famiglia migliaia di chilometri da tre interminabili giorni e non sono ancora riuscita ad avvertire che sono arrivata e che sto bene! No, è troppo tutto questo. Allora: prima che il cibo esposto in tavola finisca nel mio stomaco, viene “testato” da centinaia di mosche; i gechi passeggiano sui muri della mia stanza e verseggiano tutta la notte e qui è una cosa del tutto normale, ho scoperto di convivere con un topo (chi passeggiava sul pavimento l’ altra notte era proprio un topo), non ho possibilità di comunicare con la mia terra! Voglio una bottiglia d’ acqua tutta per me e non usare il bicchiere che usano tutti! Voglio usare tutti i guanti che mi servono! Voglio! Voglio! Voglio! Ho proprio bisogno di farmi una doccia rigenerante adesso, con l’ acqua fredda, dato che non esiste lo scaldabagno! AArgh…

Finalmente posso entrare nella mia zanzariera per andare a nanna. Qui dentro sto bene, mi sento protetta, come in utero..

Fine della giornata.

06/04/07

Oggi va un po’ meglio di ieri. Ieri sera, dopo lo sfogo scritto sul diario, ho spento la luce, con la mia amica torcia mi sono diretta verso il letto, sono entrata nella zanzariera, ho acceso il mio piccolo lettore mp3 e ho iniziato a canticchiare. Piano piano mi sono calmata. Cantare mi mette di buon umore. Cantando, pensavo che dovevo farmi forza, pensare che questi due mesi sarebbero passati, prima o poi, ed una volta finiti, mi sarei guardata indietro e mi sarei sentita soddisfatta per aver avuto il coraggio e la forza di non mollare. Se prima dicevo: “Sono all’inizio; oh mamma, deve passare ancora un sacco di tempo!”; ora dico: “Sono all’ inizio, devo prendermi del tempo per ambientarmi.”

07/04/07

Oggi sto proprio bene. Ho dormito per tutta la notte.

Al dispensario ho lavorato in accettazione con le mie colleghe. Qui funziona così: ogni paziente arriva e viene in accettazione, ci consegna il suo carnet (un diario sul quale viene scritta ogni visita e terapia alle quali lo stesso paziente si sottopone), dove noi scriviamo la data, le rilevazioni di peso e pressione ed eventuale temperatura, in caso di febbre. Poi il paziente si accomoda sulle panchine poste all’ esterno dello stabile, all’ aria aperta, ed attende la chiamata della dottoressa che deve visitarlo. Dopo la visita, torna da noi, mostrandoci cosa gli è stato prescritto come terapia farmacologica. Qui viene il bello: non vengono consegnate scatole intere di farmaci, come accade nelle nostre farmacie, bensì vengono preparati sacchettini con il numero di compresse o bustine tale da poter completare la terapia. Sono convinta che anche nei paesi sviluppati si dovrebbe adottare lo stesso metodo di distribuzione dei farmaci, per evitare inutili sprechi!

Le mie colleghe mi hanno insegnato a leggere le prescrizioni, che sono sempre in francese, e a spiegarle, poi, in malgascio al paziente. Ma il loro più grande divertimento era mandarmi all’ esterno per fare le chiamate (ovviamente tutti i loro cognomi sono per me impronunciabili) e vedermi ritornare con nessuno al seguito e sentendomi dire che quel paziente era andato via. Invece, dopo qualche minuto (che secondo me erano anche cinque minuti!!) ecco che quella persona arrivava, lentamente, con molta calma. Ho voluto indagare su questa stranezza. Così, successivamente, andavo fuori, chiamavo, aspettavo guardandomi intorno per vedere da dove potesse sbucare il ritardatario, nel frattempo cento occhi di tutti i pazienti in attesa seduti sulle panchine…Caspita, secondo me aspettavo anche cinque minuti, quando ad un certo punto, due di quei cento occhi che mi fissavano, appartenevano alla persona chiamata, che si decideva ad alzarsi! Ma perché non si alza subito?? Perché tutti sono lenti. Ad esempio, ho osservato le mie colleghe mentre rilevavano la pressione arteriosa: mi sembrava di vedere la scena a rallentatore! Tutta questa lentezza mi fa venire un sonno tremendo…

08/04/07

Buona Pasqua a tout le monde!

Oggi il dispensario è chiuso. Ma questo non significa che non si lavori. Se i pazienti hanno bisogno, si recano direttamente a casa di Candide, che sia sera dopo la chiusura del dispensario, notte o festivi come in questo caso. E questa mattina una donna è venuta per partorire.

A proposito del mio lavoro, c’ è una credenza malgascia molto curiosa che riguarda l’ attribuzione del nome al neonato: non viene deciso durante la gravidanza (ma non è strano questo) e nemmeno al momento della nascita, perché è di cattivo auspicio! Quindi qui, un bimbo rimane anonimo per qualche giorno. Non so quando e come venga deciso, non mi sono informata.

Inoltre ho osservato le donne in travaglio e sono rimasta piacevolmente colpita: mai nessuna di esse arriva sola. Tutte sono sempre accompagnate da uno stuolo di altre donne, le quali portano da bere del tè e infusi strani per la partoriente e da mangiare del riso per il post-partum, il tutto in colorati thermos. Donne, tra cui mamme, zie, suocere, sorelle e vicine di casa, il cui compito è di confortarla, farla passeggiare e zittirla in caso di lamentele esagerate durante il dolore delle contrazioni. Eh già, è proibito urlare perché, anche questo, di cattivo auspicio. Mi raccontava Candide che più di una volta le è capitato di incontrare difficoltà al momento del parto con signore che avevano esternato troppo il loro dolore.. Perciò non ci si accorge nemmeno di avere travagli in corso, si respira un’ atmosfera tranquilla, le signore non si agitano, non perdono il controllo, NON FIATANO PROPRIO!

E’ bellissimo vedere quanta gente ci sia a sostenere queste donne. Vedere che tutte sentono il bisogno di passeggiare all’ aria aperta, se hanno bisogno di urinare…vanno sull’ erba, lasciano cadere gli slip (se li hanno) e via… Le accompagnatrici accorrono con secchielli d’ acqua per sciacquare le gambe bagnate, dato che la minzione avviene in stazione eretta. Ciò succede sia che esse si trovino nei dintorni del dispensario, sia che esse siano nel giardino della casa di Candide, con o senza spettatori, tipo passanti o chicchessia… Non sono tutte così…naturali, diciamo…Ho notato che lo fanno quelle che non sanno parlare il francese, dunque, solo quelle che hanno un livello culturale più basso.

09/04/07

Per caso sto cambiando gusti alimentari?

Ieri a pranzo, mentre si aspettava che tutto il pranzo pasquale fosse pronto e tutti si mettessero a tavola, io avevo una fame da lupi. Mickael, il marito di Candide, che è sempre molto premuroso con me, anche se praticamente non ci parliamo mai perché lui conosce solo il malgascio, mi ha offerto una coscetta fritta, che io credevo fosse di un polletto piccolo piccolo. L’ ho divorata e mi sono leccata pure i baffi! Sedutami a tavola, ne ho prese delle altre con entusiasmo. Sicchè Candide mi chiede: “Ti piacciono le rane?” (avevo già detto che Candide è l’ unica che conosce l’ italiano?), ed io le rispondo quasi inorridita: “No, mi fanno impressione”…Bè, quelle coscette, così buone e gustose, appartenevano a delle povere ranocchie!!

A colazione mangio baguette con burro e marmellata (mai usato il burro in vita mia!), per avere un diversivo al riso proposto ad ogni pranzo e ogni cena.

Stasera Mickael e i bambini sono tornati a casa con la pizza, per farmi una sorpresa. Che carini! C’ era una zanzara spiaccicata nell’ impasto della mia fetta. E allora? La fame non ha occhi! Ho grattato via la zanzara e ho mangiato.

10/04/07

Bella figura ho fatto oggi…Daniela, lo sai o no quanto il riso sia prezioso qui?!

Sono stata invitata al matrimonio di Lanto, tecnico di laboratorio al dispensario, insieme all’ intera equipe. Ilare per questo matrimonio (sono un’ eterna romanticona), ho chiesto se anche qui c’ è l’ usanza di lanciare riso sugli sposi per buon auspicio. Tutti mi guardano in maniera strana ed io non capisco al volo. Candide traduce quegli sguardi: qui il riso rappresenta l’ alimento principale e dunque viene mangiato, non buttato! OHACCIDENTIAME!!! Ho fatto la gradassa! Qui, al posto del riso, si usa schizzare un po’ d’ acqua.

Se ieri la famiglia di Candide ha fatto una sorpresa a me con la pizza, oggi vogliono che io faccia una sorpresa a loro: devo preparare una spaghettata all’ italiana. Benissimo. Mi appresto ai fornelli. Pomodori freschi tagliuzzati in padella cuociono felicemente…ed iniziano le interferenze…Candide vuole aggiungere acqua al sughetto di pomodori, Claire (cuoca e domestica di casa) vuole aggiungere olio all’ acqua durante la cottura degli spaghetti, mi hanno impedito di utilizzare tutti i pomodori che servivano per fare un sughetto sufficiente per tutti. Finalmente la pasta è pronta e tutti si sono volatilizzati. Porto in tavola: non c’ è nessuno. E intanto gli spaghetti s’ incollano…Li chiamo, spiegando che la pasta va mangiata appena fatta. Piano piano, uno ad uno, compaiono, con il loro tipico andamento lento. Bene, sto per iniziare la degustazione del mio piatto, quando Mickael mi offre il ketchup. Il ketchup?!! E dove dovrei metterloil ketchup?? Lui, seguito dai figli, lo hanno usato per condire gli spaghetti… Ecco come si è conclusa la mia spaghettata all’ italiana…

12/04/07

Candide mi ha raccontato che i pazienti si recano per le visite indossando sempre il vestito più bello che hanno. Non vogliono mostrare la loro condizione di povertà. Il che mi ha molto colpito, perché col mio ragionamento da donna proveniente da un mondo benestante, mi sarei aspettata il contrario: cioè, che mettessero in evidenza le loro grosse difficoltà economiche, per impressionare il dottore, che, impietosendosi, non avrebbe chiesto loro del denaro. Invece, al momento del pagamento, questi pazienti, con un fare decoroso, tirano fuori i soldi o da un borsellino vecchio e sporco, oppure dalla tasca dei pantaloni o da una parte di vestito arrotolato per contenerli, soldi messi alla rinfusa, tutti accartocciati. Mi fanno tanta tenerezza. Mi rendo conto di quanto tutte le persone che giungono al dispensario siano tanto, ma tanto povere. In certi momenti ho quasi le lacrime agli occhi! Lasciamo stare che sicuramente non avranno la possibilità di farsi almeno una doccia al giorno come noi, e spesso si vede e si sente…Loro comunque vogliono mantenere la dignità e curano il loro aspetto esteriore. Poi, magari arrivano scalzi…

Ma arriva il momento di salire sulla bilancia per il controllo del peso prima di fare la visita con una delle dottoresse: con tutto il vestiario addosso( che è abbondante nonostante le elevate temperature) nessuno ha mai superato i 40 kg! E sto parlando di gente adulta, uomini o donne che siano. Il minimo che ho visto è stato 34 kg!!! Questa gente non ha la possibilità di nutrirsi! Eppure, quando ti saluta, trova anche una ragione per sorridere a te, che sei in carne e scoppi di salute! Bè, magari non tutti mi sorridono. Tanti sono diffidenti nei miei confronti, ma questo è un capitolo a parte.

14/04/07

Che notte di paura… Sento dei rumori che provengono dall’ esterno, ed io sono qui, dentro la mia zanzariera a tremare! Sarò un po’ condizionata dal fattaccio accaduto questo pomeriggio: io e Candide abbiamo raggiunto in auto il centro abitato, per andare a fare una passeggiata, e al rientro abbiamo trovato penzoloni i fili elettrici che collegavano l’ autoradio:rubata! Qualcuno ci aveva notate perché io, essendo bianca, do un po’ nell’ occhio qui e rappresento “SOLDI”.

Adesso mi ritrovo tutta sola in camera mia, sono bianca e ormai tutta la comunità di Majunga la sa e sa dove abito. Aiuto!!! Ho una paura folle che là fuori ci sia qualcuno che cerca di entrare! Chissà, forse sono i topi che fanno tutto questo rumore. Sì, speriamo siano i miei amati topi! Stanotte sento di adorarli, specie se non mi fanno sentire sola! Se penso a quando li vedo passeggiare sul piano cottura nella cucina di Candide, andando a frugare tra pentole e coperchi, ogni sera, come consuetudine. Tesorini; hanno fame anche loro…

15/04/07

M’ incanto a guardare le foglie che corrono per terra, spazzate via dal venticello…Bisogna avere tempo per perdersi in una cosa del genere! Ma la natura ti rilassa, ti dà una pace interiore indescrivibile. Non ci si rende conto di quanto sia benefico rallentare un po’ i ritmi della propria vita, piena di impegni, tra lavoro, pulizie di casa, spesa e cucina, pasti consumati di corsa, palestra per tenersi in forma, appuntamenti incastrati tra un impegno e l’ altro per vedere amici e genitori. Poi shopping: anche quello, che il mio hobby preferito, di corsa, con gli occhi appiccicati all’ orologio per controllare i minuti e cercare di far stare tutto in una giornata.. L’ orologio è una cattiva invenzione! Sono stressata solo per aver scritto tutto ciò!!

20/04/07

La mia testa è piena di piccole treccine: mai avuto i capelli così in ordine! Poiché al dispensario non c’ era nulla da fare, alcune colleghe mi hanno portato all’ aperto (qui, guai fare qualcosa tra le quattro mura!!), munite di pettini ed elastici, hanno iniziato il lavoro, durato un’ ora e un quarto. Per ringraziarle sono andata a comprare qualche bibita e loro hanno brindato alla mia “testa malgascia”. Abbiamo continuato la festa facendo foto e mi sono divertita un sacco. E mi rendo conto che inizio a cavarmela abbastanza bene con il francese. Deve essere così, dopotutto a casa gioco con i figli di Candide, che parlano un francese pulitissimo, e tra loro ce n’ è una , Cindy, che sembra quasi la mia insegnante di sostegno! Quando non capisco qualcosa, parla più lentamente o usa altri termini affinchè io capisca. Con le colleghe parlo ogni giorno, mattina e pomeriggio e anche là c’ è Emilienne, un’ ostetrica, che per aiutarmi usa il mio vocabolarietto di italiano/francese-francese/italiano, così nel frattempo anche lei apprende qualche parola di italiano. A tutte loro il suono dell’ avverbio italiano che ha desinenza “–mente” scatena una risata tale, che quasi quasi rido anch’ io e alla fine anche a me ne risulta ridicola la pronuncia…

22/04/07

Sono un po’ nervosa. Dovrei essere comprensiva con queste persone se, giustificate dalla loro condizione disagiata, vogliono approfittare di una dalla pelle bianca (che significa Paperon de Paperoni) e spillarle soldi ogni volta che si può?

Stanotte l’ ho trascorsa divertendomi coi colleghi in discoteca. Arrivati là, c’ era un cartello con scritto “INGRESSO LIBERO FINO ALLE 23”. Erano le 22.55. Il cassiere voleva farci pagare ugualmente. Nascono discussioni, ma quello non molla. Alla fine ho pagato la mia quota, ma non voleva darmi il resto. Altre discussioni mentre quello fingeva di capire poco il francese, finchè interviene Emilienne, parlando in malgascio, ed io ottengo il mio resto. In conclusione, Emilienne mi spiega che quel cartello con indicazione di ingresso libero era riferito solo ai malgasci e non ai VASA’, inoltre è ovvio che se dei malgasci sono accompagnati da VASA’, questi ultimi paghino anche per gli altri! Dunque: i VASA’ sono tutti i bianchi, e ho già spiegato cosa significa essere bianco qui…Ed io sono una VASA’, mannaggia!!! Sono bianca! Cioè: io avrei dovuto pagare per me e per gli altri cinque che erano con me! Sono scioccata. E combattuta. Da una parte penso che non sia giusta una pretesa simile da parte loro, dall’ altra penso che, se questa è la loro mentalità, tale pretesa non può essere interpretata come una cattiveria, ma come una cosa normalissima. Al ritorno pago il taxi per tutti.

Però un po’ è lecito incavolarsi. Ieri pomeriggio sono uscita con la voglia di comprare un frutto e mi sono recata alle bancarelle vicino casa. Che faccia tosta voler farmi pagare una mela più di quanto Candide spenda per un casco di banane! Non poco di più, ma un quintuplo! Un VASA’ non può andare da solo a fare acquisti.

Inizio ad odiare questo termine, secondo me alquanto spregiativo, anche se Candide dice di no. Secondo lei VASA’ sta solo ad indicare i francesi, che son bianchi, perciò secondo i malgasci tutti i bianchi sono francesi e quindi VASA’. A me non interessa niente. Quando cammino per strada sento mille voci che urlano o bisbigliano codesta parola, per poi sghignazzare. Praticamente mi prendono in giro! So che non c’ è motivo di prenderla male, ma spesso questa cosa mi fa sentire così sola!

23/04/07

Caro Mickey Mouse, io sono contenta che tu mi faccia compagnia nella mia casetta; è simpatico, entrando, beccarti puntualmente a rosicchiare le bretelle del mio zaino e poi vederti fuggire per rifugiarti dietro il comò appena mi vedi; però non puoi interrompere il mio dolce sonno, perché tu, alle ore 4.30 di notte, vuoi giocare con i pupazzi musicali che ho sparpagliato sull’ altro lettino della stanza!! A che gioco vuoi giocare, se smetti e rimani immobile quando ti punto la torcia e riprendi quando la spengo? Come se non bastasse, hai scaraventato per terra tutti i miei contenitori ( fortunatamente di plastica) posti sul tavolino. Poi? Sei andato a grattare freneticamente il mio zaino! Non sarà che hai litigato con la topa che ti sei portato qui, a CASA NOSTRA, l’ altra sera? Bè, speriamo non ti si ritorca contro tutta la famiglia della topa, perché io, di zaino, ne ho portato uno solo!!!

24/04/07

Per il terzo giorno consecutivo manca la corrente. Sto facendo tutto a lume di candela, persino la doccia. Che bello, sembra di essere tornata indietro nel tempo, quando la corrente non esisteva nemmeno. A proposito di semplicità, è bello anche vedere che qui i bambini si divertono con molto poco. Il gioco più diffuso è quello col cerchione di bicicletta: si divertono a farlo rotolare con l’ aiuto di un ramo e corrergli dietro. Non sapranno nemmeno cosa sia una playstation…

25/04/07

Questo pomeriggio sono andata con Emilienne a fare una passeggiata fino alla spiaggia. Che arietta pura si respirava, che tranquillità c’ era. Ci siamo sedute sulla sabbia e abbiamo guardato il mare fino al tramonto, senza fare nient’ altro, senza il pensiero di altri impegni. Che relax. In questo momento non vorrei ritornare in Italia, ricominciare le corse quotidiane, avere di nuovo i minuti contati e non potersi godere in pace uno spettacolo come questo!

26/04/07

Oggi ho visto come si prepara il caffè in polvere. Due lunghe ore di osservazione: ero affascinata e molto stupita dal fatto che ci vuole molta pazienza per farlo. Ma qui di pazienza ne hanno tanta! Difatti poi racconterò anche cosa fanno con i chicchi di riso. Prima voglio raccontare la storia del caffè dall’ inizio.

Stamattina io e Candide siamo andate a comprare i chicchi di caffè alla bancarella. C’ erano tanti sacchi contenenti semi di diverso colore ed io cercavo di avvistare i chicchi neri, come quelli disegnati sulle confezioni del caffè che si trova al supermercato. Macchè! Diventano neri dopo la tostatura! I chicchi di caffè, originariamente, sembrano delle lenticchie. Io per un attimo ho creduto che ci stessero rifilando chicchi avariati, solo perché c’ era una vasà a fare la spesa. Dunque, si sbucciano i chicchi, uno per uno, vengono lavati, poi messi a tostare, mescolandoli continuamente. Ecco, i miei chicchi piano piano anneriscono. Sono pronti solo se, schiacciandoli tra le dita, si riducono in polvere. A questo punto finiscono nel grande pestellone (mi arriva a metà coscia!) e ha inizio la pestata con un altrettanto enorme bastone di legno con l’ estremità tonda. Oh sì, adesso sì che inizio a sentire quel buon aroma di caffè! Ultimo step: la polvere così ottenuta viene passata al setaccio, ed ecco pronta la polvere che io trovo sullo scaffale del supermercato.

A proposito del riso, c’ è un rito che si ripete ad ogni pranzo e ad ogni cena, ogni santissimo giorno (poiché si mangia riso sia a pranzo che a cena, a volte anche a colazione!): il riso ancora crudo viene sparpagliato su appositi piatti grandi in vimini e controllato chicco per chicco, per escludere sassolini. Loro si siedono su uno sgabello e iniziano con molta calma e, inutile dirlo, tanta pazienza! Ogni tot tempo lanciano in aria tutto (come il pizzaiolo lancia per aria la pasta della pizza mentre la lavora) e tutto ritorna nel piatto come per magia. Ma qual è il trucco?!

02/05/07

Mi avevano detto che un mese soltanto non sarebbe bastato per abituarmi ad un ambiente così diverso dal mio. Chi lo diceva aveva ragione. Difatti mi rendo conto che adesso inizio a sentirmi più rilassata. Tutto è diventato normale: formiche morte nello zucchero, che semplicemente scanso per non farle finire nel caffè ( Candide, ad esempio, le toglie direttamente dal caffè col cucchiaino, con nonchalance, discorrendo di altro); mosche posate su tutto ciò che io, poi, azzanno dalla fame; lascio giocattoli musicali davanti ai nascondigli di Mickey Mouse, per invogliarlo a venire allo scoperto e scattargli una foto; mi piace percorrere il breve tragitto dall’ abitazione di Candide alla mia e guardare sempre le stesse piante del suo giardino, ricordando che sono Ylang Ylang, Cocco, Papaya…L’ unica cosa alla quale non riesco ad abituarmi è il camminare al buio per le strade. Nei dintorni di casa non ci sono molti lampioni e, considerando che il sole tramonta alle 18, è facile ritrovarsi in queste condizioni, Tra l’ altro la strada non è asfaltata ed è piena di buche. Io inciampo puntualmente e rischio di scontrarmi con tanta altra gente che percorre la stessa strada, in maniera così disinvolta, che sembra quasi abbiano i raggi infrarossi negli occhi, e non mi scontro con loro perché sono loro a scansarmi!! Come fanno non l’ ho capito. Io non vedo niente, cammino pianissimo e metto le mani avanti come quando si gioca a moscacieca!

04/05/07

Una giornata tranquilla al dispensario, finchè ad un certo punto si scatena il putiferio, come spesso accade nel campo dell’ ostetricia: tre donne partoriscono quasi contemporaneamente. Il bimbo che nasce con me non ha una bella cera, è cianotico, atonico, non respirava e aveva battito cardiaco flebile. Non avevo tempo di chiedere l’ aiuto di nessuna perché tutte erano impegnate con le altre pazienti. Dovevo arrangiarmi. Unico grosso, enorme problema era che io non avevo mai prestato assistenza ad un neonato critico prima; dove lavoro, in Italia, affido il neonato al neonatologo subito dopo la nascita. Calma e sangue freddo, l’ ho già visto fare alle mie colleghe malgasce: prendo il bimbo per le caviglie, lo metto a testa in giù e massaggio freneticamente la piccola schiena con alcool (dicono che aiuti a far riprendere i sensi) e poi picchietto la pianta dei piedini. Non succede niente. Madame Emma si accorge che qualcosa non va dalla mia parte, nota la mia disperazione, e viene in soccorso. Senza guanti prende il neonato, inizia ad aspirare il muco con la cannuccia (il loro sondino arrangiato) e a sputarlo fuori dalla sua bocca, poi gli dà colpetti più decisi (i miei in confronto erano carezze!). Finalmente questo bimbetto inizia a piangere ed io, che nel frattempo ero rimasta impalata a guardare, mi ritrovo a rilassare le spalle e ad espirare a lungo, quasi fossi rimasta in apnea per tutto il tempo! Qui non ci sono altri mezzi per rianimare un neonato. Non rimangono che coraggio e decisione per agire nel suo bene, senza pensare troppo al fatto di non voler far male, come ho fatto io, mentre picchiettavo con dolcezza i piedini, senza alcun risultato!

08/05/07

Che bella la vita, che bello essere al mondo, sentire i suoni, vedere i colori, sentire i profumi, toccare le cose per sentirne la consistenza, assaporare…Provare delle emozioni per tutto ciò. Solo avendo del tempo per soffermarmi a riflettere, posso godere di quello che la natura offre ogni giorno, e che in genere si dà per scontato. Se penso che fra tre settimane ritornerò in Italia mi si riempie il cuore di gioia, perché ho tanta nostalgia della mia terra, ma allo stesso tempo temo che, una volta tornata a casa mia, potrei rimpiangere questa vita, fatta di cose semplici, di momenti che scorrono lenti. Proviamo ad immaginare la mia vita qui…fatto. No. No, non credo potrei rimanere qui per sempre. Sarà anche il caldo a rallentare i ritmi, però a volte mi verrebbe voglia di dare uno scossone a tutti quelli che vedo dormire in giro, per terra, sui muretti, persino sdraiati sulle bancarelle dove lavorano!! Addirittura, ieri ho scoperto che la puerpera, subito dopo il parto, rimane a letto per un mese. Può alzarsi solo per recarsi alla toilette. La famiglia si occupa delle faccende domestiche e della cura del neonato. Chissà perché questa usanza.

12/05/07

Ieri al dispensario è arrivata una bimba, nata il 01/05/07, per il controllo del peso. Ho saputo che quella bimba è stata chiamata Daniela, come me. Ho assistito al parto della sua mamma. Che onore! Che felice sono di avere un’ omonima in Madagascar!

17/05/07

Candide è una persona molto religiosa. Ogni domenica mattina va alla messa delle ore 6. Da quando sono arrivata qui, tenta di invogliarmi ad andare con lei e i suoi figli, ma non è mai riuscita nel suo intento, fino a stanotte. Stanotte ho assistito alla nascita di un bimbo, nato senza atti respiratori, cianotico, nessun segno di vitalità. Ho attuato le manovre apprese da Madame Emma e il bimbo si è ripreso. Ero un po’ provata dall’ evento, al che Candide, approfittando della mia vulnerabilità temporanea, mi dice che, dopo il miracolo che si era compiuto, sarebbe stato proprio il caso che io mi fossi presentata davanti a Dio per ringraziarlo. Non ho esitato. Aveva ragione lei.

E’ stato bello incamminarsi verso la chiesa, il silenzio di una notte che stava per finire, si udivano solo i passi di tutti coloro che stavano raggiungendo la nostra stessa meta. La messa è stata lunghissima (un’ora e tre quarti) ma quasi tutta cantata. Due cose mi hanno colpito: il momento dello scambio del segno di pace, durante il quale tutte le persone di ogni fila si sono prese per mano, me compresa, e hanno iniziato a cantare e dondolare, bellissima scenografia; seconda cosa, il “PADRE NOSTRO”, quando tutti, ma proprio tutti, hanno aperto le braccia e le hanno alzate al cielo, pregando con sentimento e non ripetendo a cantilena le parole che ormai si conoscono a memoria.

20/05/07

Ormai mangio tranquillamente cibo su cui si posano mosche o dove passeggiano formiche…Posso prendermela se una rana se ne sta appollaiata sulle mutande che ho messo ad asciugare sull’ asciugamano? Tra l’ altro è sempre la mia amica ranocchia, quella che fin dall’ inizio del mio soggiorno si è fatta trovare nella tazza del water, e che io credevo di poter spazzar via tirando lo sciacquone. Lei invece riusciva a saltare fuori in tempo! Mi sono arresa io.

23/05/07

Sono sempre stata una dormigliona, ma credo che stia iniziando a prendere i loro ritmi, che seguono il sorgere del sole e il suo tramonto. Se penso che qui le lezioni scolastiche iniziano alle 6!! Sono già tre giorni che apro gli occhi alle 4 e mi sento riposata e già attiva. Va bè, diciamo che, probabilmente, avrei continuato a dormire stamattina, se Mickey non avesse iniziato a trafficare tra le mie buste di plastica. Non riuscendo a farlo andar via solo puntando la mia amica torcia, sono uscita dalla mia zanzariera e mi sono diretta verso di lui. Allora è fuggito. Sono andata in bagno per lavarmi la faccia e me lo sono ritrovato lì. C’ è stato un faccia a faccia finalmente, dopo due mesi! Si è spaventato perché gli bloccavo l’ uscita, ha iniziato a girare su se stesso impanicato e poi si è diretto verso di me che, per lasciarlo passare, ho alzato un piede…Niente foto nemmeno stavolta.

Nel pomeriggio io e Candide siamo andate in giro per le abitazioni delle famiglie meno fortunate di noi (abitazioni che altro non sono che piccole e precarie costruzioni di fango o legno) per distribuire vestitini per bambini che io ho portato dall’ Italia. Pensavo di impiegarci un intero pomeriggio, invece il tutto si è risolto in un’ oretta scarsa, perché una volta aperto il bagagliaio e iniziato a tirar fuori i doni, non so come e non so da dove, sono comparsi centinaia di bambini e tutti aspettavano il loro vestitino. Mi hanno fatto una tenerezza tale che mi veniva da piangere. Si erano messi in fila e aspettavano il loro turno. Purtroppo, però, non avevamo vestiti per tutti, né un vasto assortimento di taglie, perciò molti sono rimasti a bocca asciutta, e in silenzio si sono dileguati. Ma la delusione sul loro volto era evidentemente grande! Un altro bambino non si voleva arrendere e non se n’ è andato finchè non gli abbiamo fatto provare una felpa talmente piccola, che le maniche gli arrivavano ai gomiti. E poi…una felpa, con 40 gradi di temperatura!!! Pur di tenersi qualcosa, non ha voluto più toglierla! Un’ altra bambina era talmente felice per il suo abitino bianco a pois, che saltellava e ballava gioiosa e faceva il palloncino con la gonna, piroettando.

Un pomeriggio da ricordare…

26/05/07

Sono al settimo cielo: tra un po’ ritornerò a casa. Ora mi volto a guardarmi indietro e mi sembra di essere qui da una vita. Sono passati due mesi; all’ inizio è stata dura, ma col passare del tempo sono cambiate tante cose. Non ho più pianto, né avuto momenti di tristezza o desideri di fuggire da qui. Sono stata bene. Mi sono ambientata.

Stamattina ho lavorato al dispensario per l’ ultima volta, ho somministrato gli ultimi farmaci all’ ultimo paziente, ho buttato l’ immondizia nella fossa per l’ ultima volta (qui non esistono bidoni, ma fosse scavate appositamente per gettare rifiuti; poi la sera tutto viene bruciato), ho fatto un giro per tutte le stanze solo per guardarle e poi mi sono ritrovata nel laboratorio, da sola, con le guance rigate di lacrime. Ora quelle lacrime erano per la consapevolezza che stavo andando via da un posto così lontano da casa mia, che chissà quando avrei avuto un’ altra possibilità di rivedere…

29/05/07

Le valige sono in macchina, con Mickael e Candide, pronti per accompagnarmi alla stazione del taxi-brousse che mi porterà a Tanà (Antananarivo) dove prenderò l’ aereo che mi riporterà in Europa. Mi allontano da casa di Candide e osservo Majunga dal finestrino dell’ auto. La gente che si appresta ad andare a lavorare, le solite galline che passeggiano liberamente per strada con pulcini a seguito, i carretti trainati da zebù, che occupano tutta la strada…

Spero sia un arrivederci, mio caro Madagascar. Grazie di cuore per questa grandiosa esperienza.

Accendo il mio mp3 con canzoni che mi riportano pian piano alla mia vecchia vita e mi avvio verso casa mia…

 

Daniela

Daniela – Ostetrica volontaria in Madagascar

In queste esperienze di volontariato, con i cinque sensi ho…

Partendo dalla più sincera delle premesse non mi aspettavo di ricevere così tanto da questa eperienza.

Eppure in queste tre settimane il mio piccolo monod è diventato grande. Eh, già mancava proprio qualcosa. Quella meravigliosa sensazione di calore ed affetto che stando in questo centro puoi ricevere non solo dai nostri fantastici bimbi ma anche dai “grandi” come li definiscono i bambini.

Ho conosciuto persone veramente fantastiche che mi hanno regalato molto in quanto espereinze ma anche affetto e putni di riferiemnto, che per i ragazzi della nostra età non sono mai sufficienti.

Con i cinque sensi ho saputo scoprire il vero significato della parola amore.

Ho imparato a vedere le difficoltà di ognuno e ad andare oltre le apparenze.

Ho saputo ascoltare ognuno di loro in modo speciale sapendo regalare il ruolo di amico  ma anche di una figura responsabilie.

Ho abbracciato e sentito l’odore buonisimo dei bimbi.

Qeusti gesti mi riamrrano sempre nel cuore… e per non parlare di questi meravigliosi sguradi che si posano su di te. In un attimo, che sembra eterno, ti senti finalmente felice e sereno.

Insieme abbiamo formato una grande e bellissima famiglia pronta ad accogliere chi aveva bisogno e a donare quello che manca tanto e che credevo non ci fosse ormai più in questo mondo: la speranza.

Sono felice di essermi ricreduta e non vedo lìora di rifare l’esperienza.

Mi sono affezionata ai bimbi e alle persone del centro, così speciali ed munite di una forza incredibile.

Non saprò mai ripagarli di queste splendide emozioni e di questi ricordi, i biù belli.

Xenia

Pasian di Prato, estate 2012

Xenia – Volontaria a La Nostra Famiglia

Il questa esperienza di volontariato, con i cinque sensi ho…

IMPARATO.

Ho percorso questa avventura come fosse uan strada, un cammino, nel quale avrei incontrato delle persone ed avrei semplicemente vissuto delle emozioni.

Pur non essendo alla mia prima esperinza con questi esseri speciali, ogni volta la paura è sempre la stessa, quella di non essere accettata e di non riuscire ad integrarmi con loro.

Tutto ciò però lo pensa solo la mia testa, perchè appena arrivata alla Nostra Famiglia ho incontrato gli altri volontari e così il mio cuore e il mio sorriso si sono aperti a loro. GRAZIE.

Ofni giorno tra di noi ci sono sorrisi, abbracci, baci, sguardi profondi e soprattutto molto ascolto; ci siamo sempre raccontati le emozioni INTENSE che proviamo.

Per me aver conosciuto ueste persone è già un qualcosa di meraviglioso, e questo è solo il primo regalo che ho ricevuto.

Il secondo GRAZIE va a tutti gli educatori, assistenti, responsabili, a tutti quelli che mettono il cuore in questo  speciale lavoro.

Seguono con amore questi bambini, come fossero il loro veri genitori, sono delel guide fondamentali che imparano ogni singolo bisogno di un loro bambino, ormai conoscono ciò che gli dà gioia e ciò che li infastidisce.

Li aiutano, li sostengono, li educano e gli fanno scoprire tutto ciò che il mondo ha da offrire a loro, ma prima di tutto bisogna partire dalla persona.

Così ogni bambino deve imparare come è fatto, conoscendo il proprio corpo, le proprie emozioni; ed in questa avventura gli educatori li hanno aiutati ad imparare e a scoprire cosa sono i 5 sensi.

Gli educatori sono stati a fianco di questi bambini, in un percorso magico, nel quale entrambe le parti si sono date reciprocamente qulcosa, facendo crescere tutti.

Ogni giorno ci sono molte emozioni che si uniscono e si scavalcano e ciò che provano gli educatori stando con i loro bambini è unico e iripetibile e la cosa più bella è come accolgono i volontari, in quel loro magico spazio, integrandoli in una grandissima famiglia.

E GRAZIE soprattutto a questi esseri speciali, che ci accolgono, che ci ascoltano, che ci fanno scoprire ogni giorno la bellezza della vita, che non si arrendono e che in questa esperienza hanno dato incondizionatamente ad ogni singola persona che li ha incontrati, lasciando qualcosa scalfito nel cuore.

Per primi loro si avvicinano all’altro, lo toccano e elo osservano e a volte annusano il loro profumo, come per ricordarsi chi sia quella persona che hanno davanti, e mentre ti guardano cercando di capire come sei fatto, vieni travolto da meraviglia e stupore perchè loro nella semplicità riescono a comprendere come veramente siamo senza maschere o altro.

Ognuno di loro tiinsegna ad essere paziente, più gioioso e felice, ad esprimerti senza aver paura del giudizio degli altri.

La Nostra Famiglia secondo me è un luogo che ti accoglie per quello che sei, ti fa entrare all’interno di una grande famiglia, che amorevoltemnte ti sostiene; per mia nonna questo posto si chiama Sacra Famiglia e anche se mentre me lo dice io rido, in realtà è proprio così, perchè è un posto veramente sacro, che ti porta a riflettere ed a essere semplicemente te stesso con gli altri.

GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI.

Valentina

Pasian di Prato, estate 2012

Valentina – Volontaria a La Nostra Famiglia

In queste esperienze di volontariato, con i cinque sensi ho…

…Osservato i bambini nei loro diversi modi di essere, di comportarsi, di relazionarsi e di giocare (nella loro perfetta e tupedna semplicità);

ho sentito il loro “fracasso”: urla, pianti, tante risate, i discorsi tra di loro e le loro richieste;

ho annusato il profumo e gustato il sapore delle crepes preparate nsieme per la mernda di tutti i bambini del centro estivo;

ho sentito sulla pelle il caldo dei pomeriggi trascorsi in giardino con loro, li ho toccati e mi sono lasciata toccare (anche picchiare!) e con loro ho fatto tanti bei lavoretti sotto l’occhio vigile della creativa Caterina.

Ho imparato a non serntirmi a disagio di pronte a loro e a lasciarmi trasportare.

Questa è stata un’esperienza bellissima che mi ha lasciato mote emozioni nel cuore.

I bambini mi hanno trasmesso tanta gioia e voglia di vivere!

Non vedo l’ora di tornare il prossimo anno per mettermi ancora in gioco e dare tutta me stessa ai bambini, sperando di rivederli tutti!!!

Grazie di cuore per questa esperienza!

Irene

Pasian di Prato, estate 2012

Irene – Volontaria a La Nostra Famiglia

In queste esperienze di volontariato, con i cinque sensi ho…

Con i 5 sensi ho imparato a non giudicare una persona dal suo aspetto esteriore, ma ad andare a fondo nel suo cuore.

Ho imparato ad ascoltare non solo con le orecchie, ma anche – e soprattutto – con il cuore.

Ho imparato che un sorriso vale più di mille parole, che la pazienza ha un valore enorme, che l’Uomo non è padrone del mondo.

Ho imparato cos’è l’impotenza, cos’è la rassegnazione, cos’è la rabbia.

Ho imparato a dare un altro valore a quell’utopia di benessere che credevo si estendesse a tutto il mondo, mentre a pochi passi da casa mia esiste questa realtà.

Ho imparato che l’importante non è cadere, ma sapersi rialzare.

Ho imparato che una mano amica è capace di sconvolgerti la giornata  etirarti su, quando vorresti solo rimanere stesa a terra.

Ho imparato che non è tutto scontato, e la libertà è un bene che pochi sanno di possedere.

Ho imparato che al forza d’animo è una delle quelità migliori che una persona possa avere.

Ho imparato che il mondo è anche questo, mondo dove un battito del cuore vale di più di tanto denaro in banca.

Ho imparato a voler bene in modo diverso.

Ho imparato che il fatto di arrivare alla fine di una giornata è un dono che ci viene concesso, e molte volte sprecato.

Francesca

Pasian di Prato, estate 2012

 

Francesca – Volontaria a La Nostra Famiglia

In quest’esperienza di volontariato, con i cinque sensi ho…

imparato a sentire non solo con le orecchie ma anche con il cuore, ho imparato a vedere non solo con i miei occhi ma anche con gli splendidi occhi dei bambini;

ho imparato ad accarezzare un bambino trasmettendogli tutto ilmio amore;

ho imparato a sentire insieme ai bambini il gusto del salame al cioccolato (BUONO: da sciogliersi in bocca!), il profumo dei fiori, dell’erba, delle foglie…;

grazie ai bambini, ho imparato anche a farmi trasportare dall’immaginazione, a fantasticare su un monod sereno e tranquillo, pieno di colori, pieno di fiori, dove regna solo la PACE e l’ARMONIA!

Con quest’esperienza, ho capito che le cose brutte se vengono affrontate con qualcuno al tuo fianco, sono meno brutte in quanto si consapevole che nella tua vita avrai sempre qualcuno al tuo fianco anche se non sempre può essere con te fisicamente ma asi con certezza che questa perosna rimarrà nel tuo cuore dove avrà un posticino tutto magico e speciale!

Hocapito anche che devo essere più forte e più coraggiosa per poter affrontare la vita in modo positivo… soprattutto ho capito che devo avere più fiducia in me stessa e STIMARMI di più… che non devo abbattermi davanti ad un ostacolo perchè è anche grazie ai bambini che ora riesco a sorridere, ad essere felice e spensierata, a non giudicarmi e soprattutto a farmi valere per la mia semplicità!

Questo BELLISSIMO RICORDO rimarrà per sempre nel mio cuore… insieme a questi SPLENDIDI BAMBINI!

Un abbraccio,

Eleonora

Pasian di Prato, estate 2012

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Eleonora – Volontaria a La Nostra Famiglia